A cura di Luigi Simonetta
Certo ben pochi, vedendo questa foto, conservata in archivio parrocchiale, riconosceranno la Via Pasquali! Proprio dietro la casa parrocchiale, fino agli anni Sessanta quel tratto era considerato una continuazione della via delle Grazie.
Era una via sterrata che fiancheggiava la piccola roggia il cui corso seguiva più o meno l’attuale perimetro dei giardini dell’Istituto De Pagave che, a quell’epoca, occupava ancora la vecchia sede nel convento di Santa Maria delle Grazie, mentre dove sorge la nuova sede si trovava un grande prato delimitato in parte da un muro di cinta e in parte da siepi.
Negli ultimi anni, al termine della via, all’altezza della cascina dei Lombardini, per andare in via Lazzarino, era stato realizzato un ponticello di legno. Prima la gente passava a guado il corso d’acqua, però mio padre e altri monelli del Borgo attraversavano con un atletico salto.
Sull’altro lato, dopo il giardino della vecchia casa parrocchiale c’era una serie di case rurali conosciute come “i ca’ d’i lavandè”, le case dei lavandai, perché molte di esse appartenevano a famiglie che, per generazioni, avevano praticato questa attività, ritirando presso le case borghesi, gli alberghi e le osterie, la biancheria che poi lavavano con sapone e lisciva per poi sciacquarla nelle acque, all’epoca limpide, della roggia, la asciugavano su fili tesi su grandi pertiche e la facevano sbiancare al sole sui prati vicini.
Proprio all’altezza dell’attuale curva della via la riva della roggia era tutta attrezzata con lastroni squadrati di sasso sui quali le nostre nonne lavavano i panni, inginocchiate, con un lavoro faticosissimo e mal pagato.
A fianco della roggia erano piantati numerosi gelsi, detti in dialetto “muron” per i dolci frutti che somigliavano alle more.
Queste piante erano state piantate nell’Ottocento quando molte famiglie tenevano in casa piccoli allevamenti di bachi da seta che nutrivano con le foglie dei gelsi.