Parrocchia dei Santi Martino e Gaudenzio

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Colombia 2015

Testimonianza letta durante la Veglia Missionaria Diocesana a Romentino il 17 ottobre 2015

Era lo scorso 5 maggio in tarda mattinata quando, prossimi a prenotare i biglietti aerei per il Brasile, riceviamo una mail di Dom Ricardo Guerrino Brusati, vescovo di Caetité, il quale ci scrive: “Desidero informarvi che non sarà più possibile la vostra venuta a Caetité, come avevamo previsto gioiosamente insieme. Sono successe cose inaspettate di cui potrò darvi tutti i particolari tra un mese circa”.
Assai sorpresi e con un po’ di sgomento telefoniamo subito a don Mario per presentargli la situazione: no, non potevamo tirarci indietro e lasciar perdere quel viaggio che da settembre dell’anno scorso avevamo iniziato a desiderare e a sognare come gruppo giovani dell’Oratorio.
Pensiamo subito a diverse alternative, ma in così poco tempo non è facile organizzare tutto da zero. E poi non si tratta di poche persone, ma di un gruppetto di ben 12 elementi!
Ed è così che alla fine entriamo in contatto con Alex Zappalà, responsabile nazionale di Missio Giovani, l’organismo pastorale della CEI che si occupa dell’animazione missionaria per adolescenti e giovani che hanno nel cuore il desiderio di vivere la missione a tutto tondo. Da lì alla Colombia il passo è stato – per così dire – breve: egli è stato ben felice e disponibile ad accoglierci nel gruppo che si era da poco formato con giovani provenienti da tutta Italia per vivere nel mese di agosto un’esperienza missionaria nella zona amazzonica del Caquetà, a sud della Colombia, quasi al confine col Perù.
Accompagnati da Alex, da Anita e Beppe di Verona, partiamo alla volta di Bogotà il 4 agosto.
Dopo un tempo breve, ma importante, di preparazione presso la casa regionale dei Missionari della Consolata della capitale, ci dirigiamo tutti verso Florencia, capoluogo del dipartimento del Caquetà.
Qui il gruppo, che complessivamente è di 25 persone, si divide per raggiungere le diverse destinazioni dove ci attendono i missionari che ci ospiteranno: a Solano, a Puerto Leguizamo, San Vicente del Caguàn, a la Tagua e a Soplin Vargas.
Questo è per spiegare come mai siamo finiti in Colombia, un paese del quale – lo dobbiamo ammettere – sapevamo poco o niente prima di partire, ma che ora suona una parola famigliare, soprattutto perché associata ai volti di tante persone che abbiamo incontrato nel nostro soggiorno presso i padri che ci hanno ospitato.
Anita, la nostra formatrice e presenza fondamentale durante il nostro viaggio, ci aveva messo in guardia fin da subito dal rischio di non lasciarsi incontrare dall’altro, se il nostro atteggiamento fosse stato tipo quello del turista e non del pellegrino. Durante la condivisione finale a Bogotà, al rientro dalle varie missioni, è emerso che in generale ci siamo riusciti, non senza fatiche e muri da abbattere da parte nostra.
Pensavamo di dare e abbiamo invece ricevuto; pensavamo di fare e invece abbiamo dovuto accettare che gli altri si facessero in quattro per noi, per farci sentire accolti e a casa.
Poco dopo essere tornati a casa ci ha rallegrato il cuore sapere che è in dirittura d’arrivo l’accordo di pace tra il governo colombiano e il movimento guerrigliero delle FARC, con l’impegno di deporre le armi nel più breve tempo possibile.
Le violenze in Colombia sono iniziate quasi 70 anni fa provocando in tutto, fino ad oggi, 500 mila vittime tra la guerra civile degli anni Cinquanta e gli scontri tra Farc e governo dal ’64 in poi. La Colombia, terzo paese più popoloso dell’America Latina, è stato trascinato per troppo tempo in questa drammatica spirale di violenza, ma ora si vede la luce in fondo al tunnel e le ferite profonde inferte al popolo colombiano potranno essere rimarginate.
“Dalla parte dei poveri”: così lo slogan scelto per questa Giornata Missionaria Mondiale 2015.
In Colombia non abbiamo fatto esperienza di una povertà estrema a livello materiale, ma ci siamo resi forse conto che a volte siamo noi a dover riconoscere le nostre povertà, la nostra incapacità di guardare agli altri togliendoci le lenti a volte deformi con le quali osserviamo e giudichiamo il mondo.
Il poeta messicano Salvador Diaz Miròn (1853-1928) ha scritto: “Nessuno avrà diritto al superfluo, finché uno solo mancherà del necessario”. Durante il nostro soggiorno in Colombia abbiamo sperimentato come la nostra vita è spesso piena di tante cose superflue per le quali ci affanniamo e che, alla fine, danno solo un’illusione di felicità.
Alex ci aveva provocato chiedendoci di scoprire perché si dice che i colombiani siano il popolo più felice del mondo… I problemi in Colombia non mancano, ma molto forte è la fede, la voglia di vivere il Vangelo delle Beatitudini, quello per cui sono beati, cioè, felici i poveri in spirito, quelli che piangono, i miti, quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, quelli che lavorano per la pace, i perseguitati per la giustizia. E, come ha detto Papa Francesco ai giovani del Paraguay: “Gesù non ci mente. Ci indica una via che è vita e verità. Egli è la grande prova di questo. È il suo stile, il suo modo di vivere la vita, l’amicizia, la relazione con il Padre. Ed è ciò a cui ci invita. A sentirci figli. Figli amati.”.
Questo è il tesoro prezioso che abbiamo scoperto tra le foreste, i fiumi e le strade sterrate della Colombia, un tesoro che non vogliamo farci sfuggire e per il quale vale davvero la pena di vendere tutto per averlo.
Ci accompagna e ci guida Maria, Vergine del Carmine, così come viene venerata con affetto e devozione in tutta la Colombia dai suoi abitanti, in questo momento nel quale anche la nostra Diocesi ha bisogno di giovani pronti a testimoniare il Vangelo con coraggio e con gioia. Noi ci siamo!

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